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La scuola non è un voto, la scuola insegna a vivere

Viviamo in una società fragile, impaurita, circoscritta. Viviamo in una società in cui gli adolescenti, apparentemente forti, sono sempre più soli e fragili, succubi delle loro ombre, impauriti dai giudizi, o meglio ancora pregiudizi.

Chiusi nel loro mondo confuso, tra Tik Tok, Instagram, musica trap e vari giochi tecnologici, tra un angolo creato per cercare sé stessi o perché semplicemente si segue il target, un’omologazione perfetta senza alcuna personalità.

Si fa tanta fatica a comunicare, perché le loro camere sono diventate il loro mondo, e se è difficile esser genitori, lo è ancor di più essere figli, figli di genitori improvvisamente adolescenti nei comportamenti. Vogliamo i nostri figli perfetti agli occhi della società, senza pensare che l’unica perfezione sarebbe quella della felicità nel vedere un figlio esprimersi liberamente, senza aspettative alcune o fallimenti.

studente chiuso in camera

L’uomo, di suo, l’unico giudizio che teme fortemente è quello da parte di un genitore, quindi non deluderli è nelle aspettative di tutti. Vorremmo tutti geni, solo per vanto con l’amica davanti a un caffè, senza capire che la scuola, come prosieguo educativo, rientra nel processo di Socializzazione operante nell’ambito culturale e sociale, come parte integrante della società.

La scuola non è un voto, la scuola insegna a vivere, a coabitare, a relazionarsi con il prossimo, ad assimilare il sapere che l’insegnante offre, da una frase parte l’introspezione di ognuno di loro, giusta e necessaria per la loro crescita.

Urge più dialogo, urge inculcare loro il rispetto verso sé stessi e verso gli altri, urge lasciare loro la libertà di esprimersi e di diventare ciò che vorranno essere, urge essere vigili, aiutandoli in questa crescita e che non sia plasmata in perfetti e sconosciuti robot.

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