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Didattica a distanza

La scuola a distanza è una scuola differente, è un’emergenza, non una scelta

I miei alunni hanno lavorato bene in DaD lo scorso anno; essendo scuola media, quest’anno abbiamo lavorato in presenza fino a dicembre; adesso siamo nuovamente in DaD, da due giorni: l’esperienza sembra positiva, ma è ancora presto per tirare le somme.

Ragazzi che non ne avrebbero avuto la possibilità hanno imparato a usare internet per fare ricerche, produrre e condividere documenti, collaborare a distanza. Hanno avuto in comodato d’uso i dispositivi, gratuite le principali piattaforme didattiche (dal mese di aprile). Hanno lavorato in modo nuovo, hanno imparato tanto, soprattutto che le difficoltà si affrontano con la cultura, con l’ausilio delle arti e della letteratura, che aiutano a interpretare il presente quando è troppo oscuro; delle scienze, che spiegano ciò che succede e cercano soluzioni; delle tecnologie, che permettono di affrontare difficoltà.

La scuola a distanza è una scuola differente, è un’emergenza, non una scelta. Però non è così differente come si crede, in questo momento.

Anche in presenza è poco diverso, non si può stare accanto, niente gruppi, insegnante confinato in un piccolo spazio delimitato sul pavimento, mascherine, ingresso e uscita differenziati, veloci, senza poter scambiare una parola, un sorriso, ricreazione in classe, le classi a turno per non incontrarsi nei bagni dove si va un ragazzo per volta, una classe alla volta.

Il problema è come si affronta la DaD. Se è riempire di compiti, non ha senso. Mi chiedo, però, chi la intende così cosa faccia in presenza. A marzo eravamo tutti “presi dalla botta”, ora siamo preparati.

Forse è questo insegnare: fare in modo che a ogni lezione scocchi l’ora del risveglio

Daniel Pennac

Su internet possiamo parlare ed essere sentiti da tutti, possiamo sorridere. Noi, quest’anno, anche in presenza abbiamo lavorato molto come se fossimo a distanza, perché nulla si poteva fare di ciò a cui eravamo abituati.

Abbiamo fatto un bellissimo video su Orlando furioso, con lettura del testo poetico e illustrazioni dei ragazzi, tutto da casa, ciascuno aveva un ottava da leggere e illustrare. Uno di loro ha montato. Stiamo preparando un giornale online, studiamo la geografia dai siti locali, leggiamo qualsiasi testo ci venga in mente.

Per le scuole superiori, poi, alla freddezza della totale assenza di qualsivoglia contatto umano si somma il delicato problema dei mezzi di trasporto che molti sono obbligati a prendere quotidianamente nelle ore di punta; quello che si acquista con questa didattica distanziata in presenza è troppo poco rispetto al rischio.

È molto triste che la scuola sia diventata terreno di scontro politico. Non dubito che ci sia chi realmente creda che sia meglio una scuola in presenza, nonostante tutto, ma per lo più si tratta solo di uno scontro politico. Se così non fosse sarebbe diverso il ruolo sociale dei docenti, sarebbero più frequentati teatri, musei e librerie; sarebbe più basso l’audience di certi programmi tv, perché non ci sarebbe interesse; sarebbe maggiore la fiducia negli specialisti, che si sono formati nel proprio campo con anni di studi e di esperienza; sarebbe di meno la gente che va in giro in modo irresponsabile.

Sì, perché la scuola insegna in primo luogo che le regole non sono paletti alla nostra libertà, ma indicazioni per la nostra e l’altrui salvaguardia, però quello che insegna la scuola non ci interessa. La scuola insegna anche il dissenso, ma per motivi grandi, importanti, per i valori che garantiscono l’umanità.

Invece si continua ad assembrarsi in bar, negozi, locali e si chiama questa libertà o ribellione: chi della scuola ha fatto tesoro si comporta diversamente. Invece tutti paghiamo il prezzo elevatissimo dell’irresponsabilità di molti, anche chi da marzo tiene un comportamento adeguato all’attuale emergenza.

Alcuni studenti reclamano la scuola in presenza, ma non possono avere ciò che desiderano: le relazioni di cui è fatta la scuola. Le lezioni, con buona volontà, possono averle anche a distanza. Fra quelli che protestano per la chiusura, quanti sono i pendolari? Quanti quelli che hanno visto compagni e docenti assenti per Covid (talvolta per non tornare mai più)

Le proteste degli studenti a Roma davanti al Miur

Nessuno ama questo disastro, ma dobbiamo comprendere che è un disastro mondiale, è un’emergenza. La cosa da fare sarebbe vaccinare studenti e professori al più presto e tornare a una didattica davvero in presenza, che permetta ciò che davvero ci manca: le relazioni e il contatto umano. Quello sì, difficile a distanza

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  • Grazie. Bellissimo articolo: riuscire a trovare ed esaltare ciò che c'è di buono anche negli eventi negativi tanto da scoprire nuove risorse e nuovi talenti è la prerogativa delle persone intelligenti. Riuscire a trasmetterlo è il compito più eccelso di chi è mastro; ciò assicura la crescita culturale e personale dei ragazzi, alimentandine l'autostima. COMPLIMENTI

  • È confortante sapere che nella emergenza c'è chi lavora con gli allievi per aiutare a superare la crisi in atto

  • È un articolo equilibrato, frutto di esperienza e di riflessione serena su di essa. Analizzi senza preconcetti le due modalità didattiche esaltando gli aspetti positivi dell'una e dell'altra e censurando le aberrazioni. In questo momento di tragedia mondiale bisogna saper trarre tutto il bene possibile, senza inquinamenti ideologici e politici. Anche in questo campo, soprattutto in questo, bisogna pensare al bene comune, anzi, ignazianamente, al maggior bene! Complimenti!

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