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Recuperare il tempo perso o recuperare la qualità dell’insegnamento?

Sono sempre più incalzanti le voci circa l’intenzione di Draghi di prolungare il calendario scolastico fino alla fine del mese di giugno per recuperare il tempo perso.

Nulla si sa del pensiero del neo-ministro in merito, si sa che a lui stanno molto a cuore l’inclusione, la valutazione e l’innovazione. Ma questa è un’altra storia.

Restiamo sull’idea di “recupero”. Recuperare il tempo perso o recuperare la qualità dell’insegnamento? Tempo non se n’è perso. La primaria e la secondaria di primo grado sono sempre state in presenza. Nella secondaria di secondo grado, a distanza, abbiamo lavorato almeno come se fossimo stati in presenza, mantenendo in piedi moduli organizzativi e orari diversificati, compiti, valutazione e apprendimenti.

Ci è stato detto che quest’anno la DID era una cosa seria, che avremmo dovuto valutare e registrare assenze e presenze, e, se necessario, bocciare (sempre che l’aumento delle bocciature possa costituire un indicatore di qualità). L’abbiamo fatto, abbiamo registrato videolezioni, fatto appelli impossibili, spiegato e interrogato, condiviso materiali e strategie innovative, mandato messaggi e ricevuto messaggi a qualsiasi ora, sollecitato i recalcitranti e ascoltato gli sfiduciati… inutile riepilogare le opere di misericordia didattiche!

didattica a distanza recuperare il tempo perso

Abbiamo ridotto la distanza cercando di attuare una didattica di vicinanza, grazie a dei dispositivi tecnologici un tempo rifiutati, ora tollerati come male minore. Nessuno se ne vanti, abbiamo fatto il nostro dovere. Ma l’abbiamo fatto.

Perché, allora, parliamo di recupero? Non ci è mancato il tempo, il quarto d’ora in meno in ogni lezione ha inciso, sì, ma non in modo significativo. Ci è mancata la relazione educativa, la costanza dell’esercizio e la certezza di avere un tempo dedicato in un luogo appartato che fosse “casa” per gli studenti e i docenti. Luogo che sarebbe stato sicuro e praticabile se avessimo avuto classi meno numerose, più docenti e aule spaziose, accoglienti e modulari, come richiesto da anni.

Non è la quantità dei contenuti e delle lezioni il punto debole della didattica a distanza integrata, ma la sostanza stessa dell’essere scuola e del faticoso, assiduo, diuturno cercare insieme e costruire insieme un sapere esistenziale, una cultura che dia respiro e senso alla vita. Questo abbiamo cercato di fare con i mezzi che avevamo, questo “travaglio” (travagliare= lavorare) è stato l’impegno di una scuola che ha cercato di funzionare in modo che nessuno restasse indietro, con i pochi strumenti che ci sono stati dati.

Intere zone territoriali non coperte dalla banda larga o prive di connessione, alunni costretti a collegarsi dall’unica stanza comune con PC presi in comodato a scuola perché un PC per figlio non c’era, con i genitori in casa perché lavoravano a distanza, o, peggio, perché non lavoravano più. E ci siamo inventati di tutto: Modem e Giga in concessione gratuita, strumenti in dotazione, inclusione per i BES, extra collegamenti, anche fuori orario. Se ci avessero detto che era tutto uno scherzo, l’avremmo presa diversamente.

Ed ora scopro che anche qualche sindacato è disposto a cedere. Non sono in discussione i quindici giorni. Ormai lo sanno tutti che siamo in servizio fino al 30 giugno, poi abbiamo gli Esami di Stato e i corsi di recupero ad agosto… lo sanno tutti, no? Sanno tutti che i ragazzi sono stanchi perché anche loro hanno faticato davanti al PC, con occhi che bruciavano, interrogazioni viziate dalla sfiducia reciproca del ”io so che tu sai che io so”, quindi il docente deve giocare a fare il detective… senza poter scherzare coi compagni e godere del cameratismo che costituisce, quello sì, il bello della scuola. Sanno tutti che a giugno in Italia fa caldo, che in classe si soffoca con le mascherine per cinque ore, che l’Outdoor education è improponibile nei fazzolettini di cortile che molte scuole si ritrovano.

outdoor education recuperare il tempo perso

Quello che molti dimenticano è che imporre un’extra time alla fine del percorso, quando la motivazione se n’è andata, quando gli esami sono vicini e prorogarli significa allontanare i test d’ingresso, le agognate vacanze e la libertà, non facilita l’apprendimento.

Mentre scrivo due squadre di calcio si stanno contendendo i tre punti di rito: cambierebbe molto se l’arbitro concedesse qualche minuto in più di recupero? Certo, con un po’ di fortuna… ma vogliamo trasmettere questo? O non vogliamo, forse, inviare un segnale di disponibilità ad una nazione che da un po’ di tempo ha perso fiducia nella scuola e nei docenti, invidiati per la sicurezza del posto fisso di zaloniana memoria?

checco zalone posto fisso

Davvero, l’impressione è che ci si stia piegando ad una manovra, tutto sommato poco dispendiosa per noi docenti, ma pericolosa per il messaggio che si sta comunicando: ci sentiamo in colpa per i privilegi di cui disponiamo e, quindi, chiniamo il capo. Pensavo si stesse parlando di recupero, mi accorgo ora che si tratta di espiazione.

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